Recensione di Andrea Cafiero

Paolo Graziano è professore di Scienze Politiche all’Università di Padova e all’Istituto Universitario Europeo, oltre che ricercatore associato presso l’Osservatorio Sociale Europeo di Bruxelles. Ha scritto vari libri e diversi articoli pubblicati su riviste internazionali. Collabora da anni con l’ISPI, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale con sede a Milano. È stato consulente di varie istituzioni, sia nazionali che europee, e di numerose organizzazioni non governative (ONG). Il suo libro “Neopopulismi. Perchè sono destinati a durare” è stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Il Mulino.

Le elezioni politiche del 2018 hanno sancito il trionfo di forze definite populiste, cioè di forze diverse da quelle che si erano delineate tradizionalmente in politica. Secondo Paolo Graziano questa accezione rischia di essere fuorviante rispetto alla necessità di inquadrare storicamente l’origine del fenomeno che ha radici ben individuabili.

Il populismo è argomento del dibattito politico sin dalla fine degli anni 60, ma non c’è mai stata una definizione univoca di esso. Per l’autore il populismo è identificato da parametri ben individuabili quali l’ideologia, il modo di comunicare e l’organizzazione.

L’ideologia populista crea una contrapposizione tra quello che sarebbe il popolo, dotato di virtù e consapevolezza, e i gruppi elitari detentori del potere, corrotti e colpevoli di esercitare la loro influenza negativa sulla società. La cosiddetta casta, come è stata definita in modo sistematico dal Movimento 5 Stelle in Italia ad esempio.

Il partito populista rappresenterebbe la soluzione, il cambiamento di paradigma rispetto a questa situazione, lo scopo è perseguito attraverso la retorica politica e la semplicità nella comunicazione del problema. Le necessità del popolo troverebbero risposta nell’immediatezza e nell’attenzione ai bisogni primari che contraddistinguono il politico populista.

In questo meccanismo trova grande importanza la figura leaderistica di riferimento. Ad essa è delegato il compito di portare avanti il contraddittorio fra popolo ed elité corrotta e detentrice del potere.

L’autore si occupa di analizzare le diverse definizioni storiche di popolo: la concezione sovranista individua nel popolo l’entità capace e in diritto di prendere le decisioni in piena autonomia; la concezione di classe del popolo contrappone invece ricchi e poveri, chi ha privilegi e chi no, chi sfrutta e chi invece è sfruttato; c’è poi la concezione identitaria del popolo in quanto nazione, identificato dal proprio territorio, dalla propria lingua e dalla propria etnia. A seconda della concezione stessa del popolo si trovano neopopulismi che hanno posizioni politiche opposte su importanti temi d’attualità, l’immigrazione ne è un esempio eloquente.

I neopopulismi si differenziano quindi tra esclusivi, quelli che pongono maggiormente l’attenzione sul popolo nazione e definiscono l’accesso ai diritti secondo tale criterio, e inclusivi, che invece ammettono un insieme più ampio, aprendosi a soggetti marginali e in condizioni svantaggiate, seppur al di fuori della concezione del popolo nazione. Ciò genera differenze politiche marcate e sostanziali come quelle che, in Francia, differenziano il Front National e France Insoumise. A ciò si lega anche la concezione diversa fra quale sia la situazione di crisi sociale da risolvere, se essa sia una crisi economica, una crisi culturale o una crisi prettamente politica. La crisi economica del 2008, quella culturale derivante dall’immigrazione e quella politica derivante dalla mancanza di fiducia dei cittadini rispetto alla capacità della classe politica di risolvere i problemi hanno funzionato da spinta propulsiva per i partiti e i politici neopopulisti che si sono affermati in varie aree del mondo negli ultimi anni.

È da notare che, nel censimento dei partiti neopopulisti europei che raggruppa sessantasei forze politiche, ben cinquantacinque risulterebbero partiti e movimenti neopopulisti esclusivi mentre solo undici risulterebbero partiti e movimenti neopopulisti inclusivi. L’autore individua, riguardo l’Italia, la Lega come partito neopopulista esclusivo e il Movimento 5 Stelle quale partito neopopulista “incerto”. Ciò per via della poca chiarezza politica di quest’ultimo rispetto a temi importanti nel panorama politico come quello dell’immigrazione.

Secondo Graziano, i neopopulismi avranno un ruolo di primo piano nel panorama politico fin tanto che dureranno le crisi indicate in precedenza. E’ da comprendere invece se questi siano un pericolo per la democrazia o semplicemente un’espressione di essa.

Se, come suppone l’autore, vi sarà un aumento della mediatizzazione e della spettacolarizzazione della politica, anche attraverso l’uso dei social-network, sarà difficile che vi saranno partiti europei completamente immuni da una ridefinizione neopopulista della propria attività politica. Il perdurare delle crisi potrebbe incentivare le forze politiche, soprattutto di opposizione, ad adottare delle posizioni e delle pratiche tipiche del neopopulismo. Il volume rappresenta un ottimo strumento al fine di fornire una conoscenza primaria del fenomeno analizzato.