Recensione di Sacha Mauro De Giovanni.

Pubblicato nel 2019 il volume racchiude i principali avvenimenti dell’ultimo ventennio connessi alla costruzione e all’impatto sugli equilibri tra gli stati dei muri di confine, quali segni tangibili delle divisioni che caratterizzano la politica a ogni livello.

L’autore è Tim  Marshall, giornalista britannico e corrispondente estero di alcune tra le più importanti redazioni giornalistiche ed emittenti televisive mondiali, per oltre trent’anni inviato nei principali teatri di guerra. Noto per i suoi documentari e le sue indagini sugli sviluppi di politica estera e sulla diplomazia, Marshall è anche fondatore ed editore di un sito di analisi politica internazionale, una piattaforma di notizie in cui autorevoli giornalisti, politici e analisti condividono le loro opinioni sugli eventi di carattere mondiale.

Al centro del suo libro non vi è tanto l’elencazione di dati e luoghi nell’epoca dei muri e delle barriere, quanto l’osservazione storica, demografica e politica di alcuni stati e macro-aree allo scopo di confrontarne i comportamenti istituzionali segnati dalle chiusure e dalla recrudescenza dei nazionalismi.

Negli otto capitoli dedicati ad alcuni stati e macro-aree, l’autore analizza le ragioni più profonde che hanno portato alla realizzazione dei muri e si concentra sulle divisioni che accentuano molti dei problemi del mondo globalizzato, come quelli identitari ed economici legati ai movimenti migratori di massa (Stati Uniti d’America, subcontinente indiano e Europa), l’esaltazione del concetto di nazione e il nazionalismo economico (Cina, Africa e Regno Unito) e la commistione tra religione e politica (Israele/Palestina e Medio Oriente).

Nel primo caso, Marshall rintraccia motivazioni identitarie ed economiche negli Stati Uniti  partendo dal racconto sul confine già esistente con il Messico e dalla proposta di Trump di delimitare i confini nazionali attraverso l’edificazione di un muro, per poi giungere alle disuguaglianze etnico-religioso all’interno del tessuto sociale statunitense. Riguardo al subcontinente indiano, l’autore evidenzia le barriere estese che separano lo stato indiano da quello pakistano e la recinzione indo-bangladese sorta per contenere la migrazione; sull’Europa, invece, Marshall pone l’accento sulla nascita e la caduta del muro di Berlino, sul processo di integrazione dell’Unione Europea e sulla chiusura delle frontiere da parte di alcuni paesi europei per contrastare i flussi migratori provenienti dall’Asia e dall’Africa.

L’altra motivazione evocata dall’autore nel secondo caso afferisce al tema del nazionalismo come elemento di aggregazione interno e divisione dall’esterno. Marshall delinea un quadro riassuntivo dell’attuale situazione della Cina e del suo governo muovendo dalla storia della Grande Muraglia, una barriera sorta per demarcare i terreni coltivabili dalla steppa e dal nomadismo, più in generale per separare la civiltà cinese dal resto degli altri popoli. Una separazione netta che, secondo l’autore, è invece sfuggita nel precedente modello di occupazione tribale in Africa a chi ne ha imposto i confini coloniali e con cui, sostiene Marshall, gli stati post-coloniali devono fare i conti per governare i flussi migratori intra-africani, oltre alla crescente proliferazione di comunità protette e blindate nei sobborghi esclusivi di molte città africane. Si tratta di spinte nazionaliste che, afferma l’autore, hanno trascinato il Regno Unito in una spirale di divisioni nazionali e, talvolta, in veri e propri muri di separazione (peace lines) di origine religiosa nell’Irlanda del Nord.

La terza motivazione – quella di matrice religiosa e politica addotta da Marshall – viene affrontata dall’autore nella disamina sul perenne conflitto israelo-palestinese e focalizzata sulla barriera di separazione composta solo in minima parte da un muro – ricorda Marshall – e in gran parte rappresentata da un recinto di filo spinato. Secondo l’autore, ciò che rileva non è solo l’evidenza fisica della linea di demarcazione tra i due stati ma soprattutto il diverso modello di società presente su entrambi i lati, nonché nell’intero Medio Oriente a seguito dei recenti muri costruiti da Giordania, Arabia Saudita, Kuwait e Turchia.

Queste divisioni prima culturali e poi fisiche – ricorda Marshall – hanno mosso le nostre civiltà verso nuovi scenari come i grandi scismi della religione, quello cristiano e quello islamico, o le forme di potere totalitario o la democrazia. Le sfide globali delle crisi finanziarie, del terrorismo, dell’immigrazione e delle disuguaglianze, aggiunge l’autore, vengono percepite da molti popoli come una minaccia all’identità e alla stabilità economica, al punto da rafforzare radicalmente lo spirito di appartenenza ai propri gruppi di riferimento e ad aver paura dell’altro.

Pur consapevole dell’incessante ascesa dei nazionalismi identitari ed economici, in questo volume Marshall invoglia ad una intensa e ottimistica riflessione sui grandi temi del nostro tempo e sul futuro dell’umanità.