Recensione di Michele Carretti

Il saggio “Modernity and its discontent. Making and Unmaking the Bourgeois From Machiavelli to Bellow” di Steven B. Smith, è stato edito dalla Yale University Press nel 2016. L’autore, Steven B. Smith, è professore di Scienze Politiche alla Yale University, già direttore, presso lo stesso istituto, dei corsi di laurea in Scienze Politiche, Scienze Sociali e Studi Ebraici. Il suo ambito di studi riguarda principalmente la storia delle dottrine politiche e la filosofia politica. Per la sua attività di ricerca e accademica è stato insignito di numerosi riconoscimenti tra cui il Ralph Waldo Emerson Prize assegnato dalla Phi Beta Kappa Society, e il Lex Hixon ‘63 Prize for Teaching Excellence.

“Modernity and its discontent” è un’originale riflessione sul tema della modernità condotta attraverso una rassegna di alcuni tra i più importanti autori del pensiero occidentale, da Niccolò Macchiavelli ai giorni nostri. Caratterizzata da una prosa limpida e scorrevole, e da uno stile disinvolto e accattivante, l’opera si compone di diciassette capitoli ognuno dei quali, se si eccettuano introduzione e conclusione, è dedicato ad un diverso autore. Un’impostazione che permette una lettura agevole e che può essere anche di tipo combinatorio.

Punto di partenza dello studio di Smith è l’analisi critica della modernità e del modello politico e sociale che la caratterizza: quello borghese. L’autore precisa di non voler utilizzare questo termine secondo l’accezione marxiana di lotta di classe. Smith, invece, guarda alla borghesia da un’ottica sociologica, intendendola come la classe sociale che ha affermato nuovi stili di vita e nuovi valori morali, ora largamente diffusi nelle società moderne. Il libro è un continuo parallelo tra tesi e visioni differenti sulla modernità, in cui l’autore non manca di fare intendere il proprio punto di vista.

Ciò che differenzia in modo particolare questo lavoro dagli altri studi sulla modernità è l’approccio dialettico al tema, messo in atto attraverso il confronto tra le tesi di autori in favore ad essa da un lato, ed i suoi detrattori dall’altro. Il libro è, infatti, diviso essenzialmente in due parti: la prima è dedicata alla modernità, e comprende gli autori del pensiero liberale e democratico, tra cui Spinoza, Kant, Hegel, nonché classici della scienza politica come il già citato Macchiavelli e Hobbes. La seconda parte è invece dedicata ai pensatori critici nei confronti della modernità, che in varia misura possono perciò essere considerati antimoderni. Tra questi si distinguono filosofi dell’illuminismo come Russeau e Tocqueville, pensatori dell’irrazionale come Nietzsche e suoi allievi come Leo Strauss. In questa seconda sezione trovano inoltre spazio autori apparentemente insoliti, poiché appartenenti al campo della letteratura, ma non per questo estranei al dibattito sulla modernità, come lo scrittore francese Gustave Flaubert e l’italiano Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la cui opera “Il Gattopardo” è considerata da Smith una riflessione sul mondo moderno degna di nota.

La particolare attenzione dedicata al pensiero critico nei confronti della modernità non è casuale. Lo stesso Smith si può inscrivere in questo schieramento. Egli riconosce perfettamente l’importanza dei valori fondamentali che contraddistinguono la modernità, quali libertà, eguaglianza, fiducia nella ragione e autodeterminazione dei singoli; tuttavia teme che queste convinzioni possano portare ad un deterioramento di principi morali, ad un eccessivo individualismo, e quindi ad un disgregamento del senso di comunità e di appartenenza. Una preoccupazione che non è il solo a condividere e che certamente attinge dalla Teoria Critica della Scuola di Francoforte e dal pensiero di autori come Benjamin e Adorno. Ma è Leo Strauss il suo autore di riferimento, che nella lettura di Smith viene comunque rivisto e reinterpretato, portandolo al di fuori dello schema neoconservatore e di ferma critica al liberalismo democratico nel quale viene solitamente identificato.

L’analisi di Smith è un significativo contributo all’attuale dibattito sulla modernità, realizzato tramite l’esame critico del pensiero di autori classici e contemporanei. Un compito di non facile esecuzione, impeccabilmente portato a termine con rigore accademico ma al tempo stesso con chiarezza e fruibilità di contenuti, i quali spesso possono rivelarsi ostici. Il suo merito principale, grazie a quest’opera, è quello di aver ricondotto la discussione sulla modernità, talvolta pericolosamente trattata con sufficienza e impreparazione, su percorsi più dottrinari e impegnati, riproponendo le letture di autori classici il cui pensiero si dimostra ancora intramontabile.