Giulia_Vincenti_Geopolitica_delle_Emozioni_Recensione

Dominique Moïsi, Geopolitica delle emozioni. Le culture della paura, dell’umiliazione e della speranza stanno cambiando il mondo, Garzanti, Milano 2009

di Giulia Vincenti

 

Geopolitica delle emozioni. Le culture della paura, dell’umiliazione, e della speranza stanno cambiando il mondo assume come chiave di lettura della geopolitica mondiale le tre emozioni basilari, che sono appunto quelle enunciate dal titolo del volume. Il libro è scritto da Dominique Moïsi, fondatore e consulente senior presso l’Istituto francese per le relazioni internazionali e docente presso l’Istituto d’Études Politiques di Parigi. Oltre a essere visiting professor presso la Harvard University e il Collegio d’Europa di Natolin e membro del Consiglio Europeo per le Relazioni Estere, il professor Moïsi collabora regolarmente con riviste quali Financial Times o Die Welt attraverso articoli editoriali e saggi.

Convinzione che sottende a Geopolitica delle emozioni è che vadano superate visioni semplicistiche, nonché semplificate, del mondo e delle relazioni internazionali in quanto ingannevoli e pericolose. Particolare rilevanza nell’analisi del professor Moïsi va ad assumere il concetto di territorio. Tale istanza che ha in passato giocato un ruolo cruciale a livello sociale, oggi sembra aver ceduto il passo alle emozioni. Le emozioni risultano fondamentali per comprendere la realtà e rispecchierebbero la globalizzazione. Forze potenti e mutevoli, paura, speranza e umiliazione, spesso dilatate dai media, possono farsi strumenti di comprensione degli equilibri geopolitici. Tanto più che secondo Moïsi non sarebbe in atto lo scontro di civiltà delineato da Samuel Huntington, bensì uno scontro di emozioni.

Nello specifico dell’analisi portata avanti nel volume, l’Occidente è identificato come il continente della paura. Esso è considerato come compagine culturale piuttosto che geografica, comprendente le società industrializzate di Europa occidentale, Stati Uniti e Giappone. La paura dell’Occidente si configura principalmente come paura dell’altro da sé come esemplificano le tensioni generate dai flussi migratori che sembrano minacciare un equilibrio instabile a livello economico-finanziario e culturale.

La speranza invece contraddistingue un’Asia che è tuttavia ancora provata da conflitti irrisolti e povertà. Il complesso e diversificato continente asiatico appare attraversato da un sentimento di tensione verso il raggiungimento dell’ormai vicino obiettivo della maturità economica. Tale atteggiamento è osservabile secondo Moïsi anche nei Paesi dell’Europa dell’Est, in fase di espansione economica soprattutto rispetto ai Paesi del quadrante Ovest che vivono una stagnazione a livello dell’economia e dell’innovazione. Prendendo poi in analisi le particolari aree della Cina e dell’India l’autore ne rintraccia la cifra caratterizzante in ciò che definisce “appétit de reussir”, la brama di farcela che alimenta la speranza del raggiungimento di obiettivi di sviluppo.

Per quel che riguarda l’umiliazione nel volume si presenta una Russia caratterizzata dalla dialettica tra rimpianto dello splendore del passato e difficile gestione delle difficoltà del presente, esemplificate dalle criticità nei territori di Georgia e Cecenia.

Così come la Russia, contraddistinti dall’umiliazione appaiono anche i Paesi Arabi. In tale area le sensazioni di fallimento e impotenza scaturiscono soprattutto dalla consapevolezza della propria difficoltà a tenere il passo con l’economia globalizzata e spingono l’autore a proporre riflessioni sul mondo islamico e la sua compatibilità con modernità, democrazia, capitalismo. Oltre ad affrontare tematiche quali i rapporti tra Islam e cristianità, la necessità per il Medio Oriente di affrontare le aspettative di genere e il declino culturale arabo, il volume tende a evidenziale il legame tra cultura dell’umiliazione e deriva violenta del fondamentalismo islamista.

In un libro in cui per stessa ammissione dell’autore l’obiettivo è quello di conciliare l’etica con la geopolitica, appare evidente il tentativo di proporre un quadro esaustivo sulle principali criticità dei maggiori scenari mondiali. L’assunzione di un punto di vista originale e meno prettamente dottrinario permettono allo studioso di tracciare quadri complessi – quali per esempio l’economia indiana, la questione dello Stato di Israele o le criticità dell’Iran –  e al contempo fornire stimoli per per riflessioni variamente approfondite. Esemplificative di quanto appena affermato risultano le argomentazioni riguardo alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, sempre attuale paradigma della sintesi dialettica di paura e speranza.

Geopolitica delle emozioni, dunque, presenta un’impostazione chiara che rende più agevole l’accesso a tematiche solitamente riservate ai soli studiosi, nonostante tali tematiche risultino presentate attraverso il filtro del particolare punto di vista assunto dall’autore.